Beatrice Visibelli affronta il rapporto uomo/donna nel suo schema maledetto di vittima e carnefice. E lo fa in un originale ribaltamento di ruoli, non nella parte della donna/vittima, ma provando a immergersi nei labirinti della mente dell’uomo/carnefice. Allontanandosi dalla cronaca che inesorabile continua a denunciare lo stillicidio delle vittime sceglie un monologo scritto dal più profondo indagatore dell’animo umano: Dostoevskij.
Un monologo dove i pensieri diventano un flusso di parole che tentano ostinatamente di capire il perché di un rapporto dominato dal silenzio, usato come arma di potere e di tortura psicologica. E dove infine emerge il carattere tutt’altro che “mite” della giovane donna.